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Reati contro il patrimonio (artt. da 624 a 648ter CP).
 

I reati contro il patrimonio rientrano in quelli che da sempre sono visti come i più classici dei reati, tra cui:

il furto ex art. 624 e ss CP;

la rapina ex art. 628 CP;

l’estorsione ex art. 629 CP;

l’usura ex art. 644 CP;

la truffa ex art. 640 e ss CP;

l’appropriazione indebita ex art. 646 CP;

il danneggiamento ex art. 635 CP.

Ad oggi la casistica per i reati contro il patrimonio si è notevolmente allargata. Si pensi alla necessità di tracciare i flussi finanziari ed al riciclaggio di denaro, commesso anche mediante l’uso di criptovalute o della ricettazione di beni oggetto di furto, ma anche dei fenomeni di truffa anche online, ad esempio, il fenomeno del phishing o appropriazione indebita anche in tema di attività finanziarie ed assicurative.

Le modifiche legislative più recenti impongono inoltre un attento monitoraggio e verifica della clientela e delle operazioni commerciali poste in essere, con obblighi antiriciclaggio, disciplinati dal d.lgs. 231/2007.

REATI CONTRO IL PATRIMONIO INFORMATICO

Il diritto penale si è adeguato anche per i reati contro il patrimonio informatico, anch’essi in grado di creare danni alla vita economica e civile. I nuovi delitti sono di “danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici” (art. 635 bis), di “frode informatica” (art. 640 ter), di “danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità” (art. 635 ter), di “danneggiamento di sistemi informatici o telematici” (art. 635 quater), “danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità” (art, 635 quinquies), “frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica” (art. 640 quinquies).

La miglior difesa, in questa categoria di reati non può prescindere se non da una attenta valutazione anche teco/scientifica della situazione. Oggi, troppo spesso, si rischia una incriminazione in base a questioni meramente tecnologiche, per il solo fatto ad esempio, di essere intestatari di una scheda o utenza. Pertanto, la linea delle indagini preventive, unite ad esperienza, rappresenta la giusta via d’uscita da determinate accuse.   

Le indagini difensive

 

Graziano Benedetto, avvocato penalista, dà un’importanza fondamentale alle indagini difensive nel processo penale, essendo il primo e fondante rimedio allo strapotere della magistratura requirente.

Le indagini difensive si configurano come l’insieme delle attività che il difensore dell’indagato, della parte offesa o delle altre parti private interessate dalla vicenda processuale, il sostituto, investigatori privati autorizzati e – qualora siano necessarie specifiche competenze – consulenti tecnici possono compiere, al fine di ricercare le fonti e/o acquisire elementi di prova favorevoli al proprio assistito.

Le investigazioni difensive rappresentano una importante risorsa per l’avvocato penalista, il quale ha la facoltà di ricercare personalmente o a mezzo dei suoi ausiliari elementi utili ad impostare la difesa del proprio assistito. È evidente che la difesa in un processo penale risulta davvero efficace quando non si limita solo alla confutazione della tesi accusatoria, bensì quando si estende alla rappresentazione di elementi di prova a favore del soggetto indagato. Tali elementi possono essere raccolti attraverso diverse attività investigative, regolate in seguito all’introduzione del Titolo VI-bis nel libro V del codice di procedura penale grazie all’emanazione della legge 7 dicembre 2000, n. 397.

  

Colloqui, accertamenti ed acquisizione di informazioni per affrontare il processo penale.

Seppur dotato di minore autonomia rispetto all’organo d’accusa nel compimento di attività che incidono sui diritti altrui e necessitano per questo dell’intervento dell’autorità giudiziaria, il difensore penalista e i suoi ausiliari risultano maggiormente liberi in relazione alle modalità di svolgimento degli atti, alla documentazione e all’utilizzabilità degli elementi raccolti. In particolare, i soggetti legittimati hanno la facoltà di:

acquisire notizie dalle persone informate sui fatti motivo di processo penale, mediante colloqui non documentati, richiesta e ricezione di una dichiarazione scritta documentata e assunzione di informazioni (art. 391-bis c.p.p.);

richiedere documenti alla Pubblica Amministrazione atti e documenti da impiegare nel processo penale (art. 391-quater c.p.p.);

effettuare l’accesso ai luoghi per visionarne lo stato e/o svolgere rilievi tecnici, grafici, planimetrici o audiovisivi per impiegarli nel processo penale (art. 391-sexies e septies c.p.p.);

compiere accertamenti tecnici non ripetibili da mostrare al tribunale nel processo penale (art. 391-decies c.p.p.);

partecipare agli atti d’indagine compiuti dall’organo d’accusa, in particolare agli accertamenti tecnici non ripetibili (art. 360 c.p.p.), alla raccolta di sommarie informazioni (art. 350 c.p.p.), all’interrogatorio dell’indagato (art. 363, 364, 374 e 388 c.p.p.), a perquisizioni e sequestri (art. 365 c.p.p.).

Attività investigativa preventiva

Il comma 2 dell’art. 327-bis c.p.p., nel prevedere la facoltà di svolgere indagini difensive “in ogni stato e grado del procedimento penale” consente lo svolgimento della c.d. attività investigativa preventiva, qualora l’instaurazione del processo penale sia solo eventuale.

Si tratta di indagini che esulano dal processo penale, in quanto precedenti ad esso e finalizzate ad evitarne la successiva instaurazione. Sebbene tale ambito risulti principalmente di competenza dei professionisti operanti nel campo delle investigazioni private e disciplinati nel Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, a norma dell’articolo 391-nonies c.p.p. – rubricato “attività investigativa preventiva” – anche l’avvocato, che sia stato nominato mediante un mandato con sottoscrizione autenticata e recante l’indicazione dei fatti sui quali si chiede di procedere, può effettuare attività d’indagine preventiva. In tal caso, l’avvocato penalista o l’investigatore che lo coadiuva potranno esperire tutti gli atti propri delle indagini difensive previsti dall’art. 327-bis c.p.p., ad eccezione di quelli che richiedono l’intervento o l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria, come il sopralluogo in un luogo privato al quale chi ne ha la disponibilità non concede l’accesso o l’accertamento tecnico irripetibile.

Fascicolo del difensore

Gli atti costituenti l’attività investigativa del difensore penale confluiscono in quello che l’art. 391-octies c.p.p. definisce “fascicolo del difensore”, il cui contenuto può essere presentato al p.m. e al giudice delle indagini preliminari e/o dell’udienza preliminare, prima che adotti una decisione per cui è previsto l’intervento della parte privata o affinché ne tenga conto nel caso in cui si verifichi tale eventualità (es. quando il difensore paventi il rischio per il suo assistito dell’emissione di una misura cautelare).

 Nel definire il contenuto del fascicolo del difensore, l’art. 391-octies parla esplicitamente di presentare gli elementi di prova a favore del proprio assistito, dal momento che non vi è alcun obbligo di inserire eventuali documenti e/o informazioni sfavorevoli all’indagato raccolti durante lo svolgimento dell’attività investigativa.

Utilizzabilità degli atti investigativi

Gli atti difensivi inseriti nel fascicolo del difensore potranno essere utilizzati, secondo quanto previsto dall’art. 391-decies, al fine di contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione dei testimoni a dibattimento penale: le dichiarazioni assunte dai difensori nel corso delle indagini difensive potranno dunque essere utilizzate per valutare la credibilità del teste.

In particolare, l’art. 391-decies prevede che le dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore possano essere impiegate dalle parti per le contestazioni e per le letture, in tutti in casi in cui ciò è consentito in relazione agli atti delle indagini preliminari svolte dall’accusa, secondo quanto stabilito dagli artt. 500, 512 e 513 del codice di procedura penale.

La norma comprende anche la lettura di atti formati durante le indagini difensive nell’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell’attività difensiva, come è evidente dal richiamo contenuto nell’art. 391-decies, oltre che dall’implementazione tra i soggetti indicati nell’art. 512 anche dei difensori delle parti private.

La moderna tecnologia, specie nelle comunicazioni (videochiamate, PEC, PEO, ecc. ecc.), che va ricordato, tra avvocato ed assistito sono tutelate e non intercettabili, permette, con un sensibile abbassamento dei costi e tempi, di potersi confrontare a distanza e senza fraintendimenti. Altresì, il processo penale telematico, anch’esso ha facilitato il rapporto avvocato/tribunali, permettendo, praticamente senza spostamenti, di recapitare atti e documenti ovunque. Tanto da azzerare, per quanto in discorso, la necessità di nominare un avvocato locale, potendosi ben servire di chiunque si ha fiducia. Pertanto, per l’indagato o imputato nel processo penale, lo studio LegalGB Law Firm può fornire assistenza qualificata, garantendo un intervento efficace e rapido, come avvocato penalista, gestendo al meglio sin dalle prime fasi il procedimento penale.

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